EDUCÓ UN LAURO
La scuola era parte importante della mia vita, come della vita di tutti i ragazzini. Di più: perché a scuola trovavo un'allegra brigata di compagni, perché la scuola, lo studio mi piacevano, perché a scuola riuscivo bene e ciò mi gratificava, e gratificava i miei.
La scuola fu una parte importante della mia vita anche quando si fece dura: il pendolarismo mi ammazzava, ma amavo gran parte di ciò che studiavo e sì, ero discretamente secchia; per amor proprio, per cocciutaggine, perché mi avevano insegnato che le cose si fanno bene, perché alcune materie mi prendevano a fondo, mi appassionavano sul serio; non tutte. Hœlderlin e Spinoza, Donne, le tragedie di Manzoni, Dante e Baudelaire...
La scuola fu parte importante della mia vita "da grande", quando cambiò nome e si fece più lontana: Milano era nuove esperienze, persone interessanti, l'abitare le mura di un'istituzione che trasudava cultura da tutti i pori. Cominciai a pensare che la scuola sarebbe potuta diventare la mia vita.
La scuola è la mia vita da quando, poco più che ventenne, fui chiamata per la prima supplenza. Da allora sono stata "prof - sorella maggiore", "prof giovane e piena di energie", "prof", "vecchia prof".
La scuola è stata la mia vita e mai, mai, mai ho perso il piacere di studiare e sperimentare. La scuola è stata la mia vita e si può immaginare lo scoramento che provo nell'ammettere che "non mi fido più".
Mi sento imbrigliata in procedure e leggine, sigle e vincoli, divieti e percorsi obbligati... Il sapere che libera, la gioia di accompagnare si sporcano di polverosi diktat e formule che rendono la mia scuola un luogo di tensioni.
Adulti mai cresciuti e senza nerbo, un'istruzione che ingabbia dentro schemi e luoghi comuni anziché spalancare porte e accendere menti.
Mi batto e arrabatto, sempre affascinata dal libro, cerco di salvare il piacere di crescere e vederli sbocciare. Ma non funziona.
Come sacerdote di una divinità negletta
"a te cantando
Nel suo povero tetto educò un lauro
Con lungo amore, e t’appendea corone";
ma sempre più spesso mi mancano fiori a questo culto, le povere corone che appendo non ne sono degne.
Alcuni meravigliosi giovani entusiasti mi aprono spiragli: continuerò ad e-ducere il meglio che posso dai miei virgulti finché ne avrò le forze.