LESA MAESTÀ. ANCORA DI CONTICINI.
La scuola italiana non è immobile. O, meglio, è rimasta colpevolmente immobile nei principi fondanti del peggior gentilianesimo (nel senso che ci sono tratti del pensiero di G.G. che avrebbero potuto essere valorizzati, ma si è preferito premiare classismo e antipedagogismo). Si è però trasformata, la scuola, nel tempo; piano piano, riforma dopo direttiva e indicazione dopo riforma, ha mutato pelle: da "scuola dei filosofi" (avercene!), è diventata "scuola dei contabili". Dietro, una silenziosa e lacerante dicotomia: mentre i documenti ministeriali andavano arricchendosi di dichiarazioni ideali (significatività, autonomia, esperienza, cittadinanza, valenza formativa, inclusione, motivazione), le prassi di valutazione si facevano via via più assillanti, automatiche, classificatorie, chartizzate. La ragione, l'unica vera ragione, è stata la sfiducia: sfiducia delle famiglie nella scuola, sfiducia degli insegnanti nelle loro prerogative. Così "valutare" ...