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HO PERSO UN LIBRO

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Ho smarrito un libro. Un libercolo, una stampa anastatica, non un'opera di pregio. Però non è più in commercio e questo rende il libro prezioso. Preziosissimo. Ho smarrito un libro non so come, è una cosuccia che uso spesso, per cose mie: nemmeno quando persi un orecchino di valore ci rimasi così male. Nemmeno quando sfondai irrimediabilmente la mia utilitaria. In realtà spero ancora di trovarlo (infilato fra due cuscini, in mezzo alle mutande o in freezer: non sono molti i posti che non ho setacciato), ma il senso di perdita che mi ha travolto mi dà la misura di cosa conta nella vita. Ho smarrito un libro e non so darmi pace perché in quel libro c'è più Paola che in molti altri oggetti che mi appartengono.  Se qualcuno ne possedesse una copia (ed. Amici della Torre ) e non sapesse cosa farne... Io lo acquisterei volentieri, ecco.

𝑳𝒊𝒇𝒆𝒍𝒐𝒏𝒈 𝒍𝒆𝒂𝒓𝒏𝒊𝒏𝒈: in barba al "mondo storto"

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Apprendere quotidianamente qualcosa di nuovo è il sale della vita, direbbe il buon Seneca se non fosse morto da un pezzo. Experiri placet . Ho trascorso l'inverno a ravanare dentro l'intelligenza artificiale come un pischello nerd, ora chiudo l'aggeggio infernale e mi dedico a un sapere parimenti cruciale: imparo a fare il fieno. E come rompo le balle ai miei figlioli affinché mettano la zucca nell'AI, ugualmente li tormento perché imparino il sapere nobilissimo delle mani. Pari dignità. Se perdi il contatto con la terra, con le parole della terra, con l'odore della terra, rimani un mezzo uomo - una sorta di cyborg scassato. Non sia mai che crescano con la bislacca idea che il lavoro manuale sia roba da plebaglia: convinzione da bifolco arricchito, meschina quanto ignorante. Anche perché, se questo " mondo storto " dovesse andare definitivamente a puttane (copyright Mauro Corona, profeta di sventure, ma il 2025 ce ne offre parecchi indizi inquietanti)...

Perché la scuola non deve scendere a valle.

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Esco all'una, coi ragazzi che precipitano in frotta per le scale, e li guardo. Chi di loro resterà qui, a salire e scendere e superare dislivelli e disagi, a scrutare  la tenuta di un muro a secco che sfida il tempo mentre l'Internet gli permette di interagire col mondo?   La montagna si spopola, attratta dall’energia, dalle opportunità dei centri urbani. Eppure, resta una risorsa preziosa, anche - soprattutto? - per voi che vivete laggiù. La  vita in montagna è possibilità di tutela, forse l'ultima: tutela del territorio, tutela dell'umanità.   Vivere la montagna significa imparare la consapevolezza di sé, avere in dono spazio e tempo per riflettere; in quota si svela l’essenziale e  alla lunga ciò che è superfluo finisce per essere ridicolo.   Dentro le aule rumorose e nei muti registri digitali spesso accantoniamo ciò che è veramente importante – le competenze trasversali, i tempi lenti che portano alla comprensione profonda – per fare spaz...

Gennaio. Quel che serve.

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La gioia infantile per le spesse candele di ghiaccio, per i cristalli che crescono ai margini delle zolle, per il velo vitreo sulla roccia, per il terreno croccante. Lo stupore per l'abetaia invernale, verticale, i fusti diritti e alti, infiniti nel cielo bianco. L'eccitazione giocosa per i fiocchi fitti, le scivolate, le dita gelide, il naso bagnato. La pace sospesa di vapori di stufa e zuppe calde. Non voler più scendere a valle, mai più. unpaesecivuole

"Ma canta?"

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Elucubrazioni sul canto nostro, per quel che valgono. "Canta", "È uno che canta", "Ma canta?". Osservazioni non infrequenti, che si possono leggere in modo diverso. Da stonata irrecuperabile, con un'estensione vocale di più o meno tre note, ho sempre provato sacro timore verso "quelli che cantano", nel senso che ho dovuto farmi la pellaccia per sopportare certe occhiate non proprio gentili nelle occasioni varie e numerose di canto collettivo. Eppure chissenefrega, ho sempre rivendicato il mio diritto al canto e partecipato secondo le mie limitate possibilità ad un rito che considero manifestazione di profonda civiltà.  "Canta", "È uno che canta", "Ma canta?" può non essere necessariamente il dovuto apprezzamento a una delle tante bellissime voci che abbiamo in  abbondanza: può essere anche l'espressione di rispetto per chi non si sottrae ad una costruzione comune. Perché sì - i Tre Re di ieri me lo hanno fatt...

Non so se percorrete mai le mulattiere .

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Non so se percorrete mai le mulattiere. Le mulattiere sono capolavori. Non nascono da un banale bisogno di spostarsi il più agevolmente possibile da un punto all'altro del territorio, come i sentieri. Il sentiero è frutto del passaggio ripetuto, ogni viandante contribuisce a crearlo e mantenerlo, è in una certa misura avventizio: può essere inghiottito dalla vegetazione, talvolta va intuito, può perdersi e modificare il suo percorso. La mulattiera ha la pretesa di farsi "via strata", stesa, selciata, strada in grado di condurre chi la percorre. La mulattiera è pensata, cura che il piede vi si appoggi fermo e che gli anni e la natura non la corrompano. È un'opera dell'uomo per l'uomo, costata fatiche per essere eredità alla progenie. La mulattiera racconta storie, le custodisce fra i ciottoli lisci e, spesso, quasi sempre, la mulattiera è proprio bella. Conserviamo, dalle parti nostre, chilometri di mulattiere e ci camminiamo inconsapevoli e distratti. Sappia...

SEMIOTICA E CRESPELLE

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Stefano Calabrese - professore di semiotica - scriveva, già diversi anni orsono, che "in una fase di globalizzazione dei sistemi informativi, stiamo [...] resettando la nostra mente su nuovi schemi narrativi". È una considerazione indubbiamente interessante e credo generativa di un necessario parziale cambiamento (resettaggio?) anche nell'ambito dell'istruzione. Nello stesso saggio Calabrese introduceva un riferimento alle neuroscienze, secondo le quali la cultura influisce sia sui processi cerebrali sia su quelli "cognitivi, emozionali, motivazionali, neuronali di codifica e richiamo della memoria". Questo deve avere a che fare col senso di sicurezza e di pace che mi danno, a Natale, alcuni passaggi fondamentali, veri momenti topici: i canti Su, su pastori  e È nato in Betlemme alla Messa di mezzanotte, le crespelle in tavola, le poltroncine rosse del nostro piccolo teatro per concludere la giornata.  È il racconto del Natale sempre uguale, come ogni m...

Ai miei contatti lontani: è dentro di voi il nostro "Antico"

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Ore 21.30 di una domenica d'ottobre. Tavola ingombra, energie per rigovernare a zero. Cose sparse per casa. Foulard, vesti, calzature che non si trovano su Zalando.  Indosso ancora il nostro  cotoon , che io ci sto bene nel cotoon .   Tutto ciò che riesco a pensare, adesso, è che sono stanca, stanca da morire, ma che ci dovete venire, una volta, a vivere "l'Antico". Mica a vederlo, a viverlo.  Penso addirittura che i ragazzi della Pro Loco - prodigiosi e giovanissimi artefici della magia - dovrebbero  studiare un biglietto per due giorni, un pernottamento in loco, per offrirvi l'alba freddina e laboriosa, la messa prima, la sera un po' sbragata. Parecchio sbragata.  Venite a viverlo l' "Antico", che cosí ci conoscete nei nostri vizi caciaroni ed esibizionisti, nelle nostre virtù laboriose e umili.  Ci sporchiamo le mani senza paura, sudiamo senza pudori, cantiamo senza freni. Mettiamo in scena ciò che siamo stati, ma anche ciò che asp...

Rievocazioni storiche ed elogio dell'oggi.

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Premana rivive l'antico e questi giovani debosciati d'oggidí, quelli che vivono dentro l'Instagram, imparano - per giocare agli antichi - a battere chiodi sull'incudine, a far funzionare un telaio mastodontico, a mondare un prato. Indossano con disinvoltura scapiin , calze di lana cruda e mocaröl dal spal . Queste sgarzoline che precocemente mostreranno ombelichi al mondo intero, oggi vestono - per giocare agli antichi - i panni delle bisavole e mettono in scena un'economia di sussistenza archiviata da un secolo. Osano l'ago e il gerlo. Questa generazione X ha energie, fantasia, sa giocarsi, imparare gesti dimenticati. Cioè, io a tredici anni mica le sapevo e le sapevo fare tutte 'ste cose. Non avevo Instagram, non mi facevo i selfie in bagno, ma nemmeno mi sfiorava l'anticamera del cervello che valesse la pena misurarmi con il sapere delle mani della mia bisnonna. Sono bravi i nostri ragazzi. Io sono felice di vivere questo oggi con loro e di avere u...

PEDAGOGIE. Ma poi è "roba per Premanesi".

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Un post lungo, che sembra tecnico ma non lo è, che sembra parlare agli insegnanti e invece parla ai miei comparsani. Richard Louv, in seguito ad una lunga indagine sugli stili di vita,   descrive il Nature Deficit Disorder nei bambini (2006). Pare che la sua ipotesi sia confermata sul piano scientifico: la perdita progressiva di esperienze a contatto con gli elementi naturali e, più in generale, l'iperprotezione dei bambini dal e nell'ambiente esterno può indurre deficit attentivi, disagi emotivi, difficoltà relazionali.  L'abuso di dispositivi digitali e del gioco on line è interpretato da un altro studioso, lo psicobiologo Peter Gray (2015), non come una causa dell'alienazione dall' outdoor , ma una conseguenza, una risposta coerente dei bambini al bisogno sano di sottrarsi all'invasivo controllo adulto.  Queste le mie letture di inizio ferie. Idee per me ben nuove, che mi inducono a riflettere sulle tante componenti relazionali della formazione in età evolut...

FORSE CHE SPORT

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Alla spicciolata. Ogni anno, all'avvento di agosto, gli alpigiani salgono, aprono baite, rimpinguano cantine ricavate nelle stalle di un tempo, tirano fuori sedie a sdraio, arieggiano camere. Magari solo per pochi giorni, ma sempre, puntuali come le pozzanghere a maggio. Non è villeggiatura, ché della villeggiatura non ha né i vezzi né gli agi. A parte il fatto che la villeggiatura non esiste più, chi mai villeggerebbe in un grumo di baite senza negozi, senza rete elettrica, dove l'acqua calda te la produci se porti la bombola in quota? È ritorno, è piccoli riti comunitari, è sere fresche nella calura agostana, è l'arte del cazzeggio. Siccome sono asina nel midollo e odio l'inquinamento acustico, io salgo a piedi, affidando i trasporti pesanti ad anime buone (quando le trovo, visto che la teleferica di servizio è stata sepolta) o rinunciando al rinunciabile. Tanto, la mia vacanza è vacante, essenziale: due cambi d'abito e si mangia ciò che resta in dispensa, tutto...

L'erbe prüme.

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Una domenica di sole e si va finalmente a trovare il Maggio: in basso odora di fieno nuovo, mentre su, nei pascoli alti, è fresco e verde. Maggio è il disgelo cristallino, scrosciante. Maggio è l'erbe prüme, la prima erba. Maggio è la bellezza inattesa delle ortiche in fiore e la montagna gonfia di vita. È l'antico sentiero che si rianima di passi nuovi. La primavera non è un inizio, ma un ritorno. Solo la prima giovinezza, la più acerba, è un inizio vero: ogni altra ripartenza è uno slancio preso correndo su un terreno già noto,è sciocco fingere il contrario. Prima di aprire una strada, ripulisci i sentieri secolari: la sapienza con cui furono costruiti ti sarà maestra, l'averli battuti col tuo passo sarà l'esperienza necessaria. Il Maggio delle mie montagne sarà nuovo anello nel tronco del castagno, possibilità al piede che cerca l'appoggio, invito alla gamba che ritrova il suo passo. Anno dopo anno, dopo anno, dopo anno.  Nessuna primavera è un inizio. ...

"Attività" sociale.

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Convivialità è vivere-con qualcuno. In un convivio si condividono, appunto, le vivande . Per sopravvivere serve il cibo, per vivere il piacere del cibo, per con-vivere il piacere del cibo e della compagnia. Il compagno è "cum-panis", colui con cui dividi il pane e siamo daccapo. Tutta questa tiritera etimologica per dire che decidere di trovarsi a mangiare insieme ha senso. E se questo avviene fra due gruppi, vale doppio, è una specie di doppia convivialità. Se poi questi due gruppi hanno una quarantennale storia comune e condividono l'appartenenza ad un sodalizio più grande, meglio ancora. Oggi è andata così. Prima di " conviviare ", abbiamo condiviso un po' di sentiero, giusto a dare uno sguardo affettuoso alla faggeta e alle Grigne,  una bottiglia in cresta e quattro balle. Una volta seduti al caldo, la nebbia è montata, la pioggia si è scatenata e noi si è " conviviato " in pace.  Non avremo cambiato il mondo, ma qualcosa di bello ne è uscit...

Natura. E la gente normale.

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Una strage si è consumata nella notte. Le impronte rimaste sulla terra umida non lasciano dubbi: l'assassino è stato riconosciuto. Le quattro vittime, tutte nel fior degli anni, hanno inutilmente cercato la fuga, allarmando il vicinato con urla che però sono state udite da pochi, nel sonno, e non prese con la dovuta serietà. È così che stamane, poco dopo le nove, le pollastre ovaiole sono state trovate esanimi. Spolpate. La faina, furba come una faina, infida come una faina, abile come una faina, ha attraversato l'orto allo scoperto, si è introdotta nell'accogliente pollaio vincendo non si sa come le strette maglie metalliche, si è spinta fino ai confortevoli e caldi giacigli, ha agito. Oggi piangiamo le nostre pollastre produttive, i nostri piatti di "carbonara" con uova di giornata, le torte di nonna Angela. È la natura. Nonno acquisterà sicuramente nuovi, simpatici polli adolescenti, ma l'istinto predatorio sarà ancora in agguato e, se vorrà, saprà vi...

Pulizie di primavera ed edilizia pubblica.

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Il Venticinque Aprile si celebra in ogni angolo d'Italia. Piaccia o meno. A che serve? A fare memoria?  Ma forse neanche importa così tanto. Il Venticinque Aprile si celebra in ogni angolo d'Italia perché tutte le comunità, anche le più piccole, possano ritrovarsi a fare le pulizie di primavera: dare una spolverata ai princìpi che le rendono libere e una lustrata ai valori che le rendono forti. Democrazia, Responsabilità, Partecipazione, Giustizia.  Il Venticinque Aprile, ogni Venticinque Aprile, ci ritroviamo anche noi, sparuto popolo di un villaggio mal piantato "fra l'erba e i sass",  perché sappiamo che una corona d'alloro (dovuta, neh), un appello dei caduti (sacrosanto), un discorso (talvolta più riuscito, talaltra meno, non fa nulla) sono lo strofinaccio per la polvere e l'olio per lucidare Democrazia,  Responsabilità, Partecipazione, Giustizia.  Ci ritroviamo e cantiamo l'inno nostro, l'Inno Nazionale - sul principio a mezza voce, poi sempr...

Io, fauna.

Sono uscita, stamane. Ho risalito il fianco della valle,  incantata  dalla luce purissima  della costa, ancora carica di neve, e dalle piccole gemme turgide dei ciliegi selvatici e delle  betulle. Queste mattine d'aprile! Per quanto fredde, mettono in subbuglio la linfa, gonfiano di vita ciò che dormiva. Ogni alba spingerà un po' più in alto la linea dell'inverno.  Penso con un nodo in gola che, però, fatalmente ogni inverno spingerà un po' più in basso la linea della cura umana, quella fatica che da secoli accomoda un muretto, ripristina una mulattiera, monda un bosco. Prendo quota, a tratti la foresta antica lascia sopravvivere ancora erte radure, strappate coi denti all'arroganza della vegetazione. Attraverso il disordinato crescere di una fustaia si intravvedono tracce di terrazzamenti: fin quassù, così in alto eravate venuti a domare il pendio, oscuri eroi di epoche perdute.  Salgo senza una meta, lentamente, per il gusto di respirare e spiare il trasc...