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LOMBARDI IN LAGUNA, SPLENDORI E NOBILTÀ.

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Se l'epoca è quella dell'ostentazione, Venezia è addirittura arrogante: l'arroganza del potere e del denaro, ma con quale raffinato apparire! Il corteo è grandioso, esagerato. Dietro il Bucintoro con il Doge e la Corner - ex regina, vinta, sì, ma pur sempre regina e figlia della miglior aristocrazia veneziana - si dipana una miriade di imbarcazioni dai colori e dalle fogge più stupefacenti. Per non parlare degli abiti: sete cangianti e velluti, lacca, pietre, ori. Ebbene, là in fondo, a chiudere il corteo in dignitosa umiltà, non senza l'orgoglio di una nobiltà diversa, quattro legni.  Barche di foggia antica, semplice, ma elegante. Sono l'omaggio alla regina in esilio di un popolo anch'esso lontano dalla patria, ma che, come lei, sente di condividere almeno un po' la grandezza di Venezia. Si dice che quella gente sia scesa dalle valli lombarde, che quei lindi battelli vengano dal lago di un altro Ducato, che abbiano una loro storia.  Si dice ch...

Fritto misto e ovvietà.

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Una brezza gradevole spira dal mare verso la spiaggia, sulla spiaggia si stende la terrazza, sulla terrazza si spaparanzano i tavoli del ristorante, con i loro cristalli e quelle onnipresenti e odiose sedie di design al cui schienale non puoi appendere nulla. Umido profumo di salsedine:  lecco furtiva l'interno del polso per sentire il sale sulla pelle (sí, faccio ancora queste cose infantili e un po' sceme). Io al ristorante proprio non ci so stare, più del cibo mi interessano i dettagli secondari e mi distraggo con le persone attorno, gli oggetti, le atmosfere, mi faccio storie. Stasera, ad esempio, ci si aspetta da me che mi immerga in estasi mistica nei sapori di questo piatto di gnocchetti ai frutti di mare, ma poi, alla fine, che sarà mai: è un piatto di gnocchi eh! Via via che i tavoli si riempiono, si svuota la bottiglia di vinello fresco mica male e osservo le facce, le schiene...  I ristoratori dediti alle pietanze a base di molluschi e crostacei hanno un...

Letture che non c'entrano un tubo (apparentemente)

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Questo è una sorta di sintetico diario visivo-letterario, apparentemente incongruente con la nostra piccola esperienza di viandanti su ruote.   Può sembrare confezionato a posteriori e invece i « Versi del senso perso » di Toti Scialoja sono stati proprio la lettura che ha accompagnato questi brevi giorni: giocosa, a tratti esilarante, malinconica, acuta, un po' folle. 

Sacrario del Pasubio. Ventinove settembre duemilaventiquattro.

Vi chiesero di morire per l'Italia, quando l'Italia eravate voi. Un'Italia povera, tosta, che costruiva il domani un pezzettino alla volta. Vi usarono come carne da macello, consapevolmente e colpevolmente, quando la Patria avrebbe potuto ottenere il suo senza sacrifici umani; consapevolmente e colpevolmente, solo perché il sangue doveva scorrere: non per salvare alcunché, ma per compiacere pochi. Vi mandarono al massacro senza rimorsi, sotto minaccia di morte, promettendovi  in cambio la gloria, quando ciò che oggi rimane è nulla se non il ricordo del dolore; un dolore sporcato dalla retorica della "pugna", un dolore che ci compiacciamo di sentire un po', lontano lontano, commosso, inutile come il sangue. "Onore ai caduti". Quale onore? Una torre alta, più alta, ancora di più.  Questi cimiteri eretti per farvi "splendere in eterno", questi cimiteri - migliaia, disseminati per ogni dove nella nostra Europa - ci insegnano la pace, ma non im...