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HO PERSO UN LIBRO

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Ho smarrito un libro. Un libercolo, una stampa anastatica, non un'opera di pregio. Però non è più in commercio e questo rende il libro prezioso. Preziosissimo. Ho smarrito un libro non so come, è una cosuccia che uso spesso, per cose mie: nemmeno quando persi un orecchino di valore ci rimasi così male. Nemmeno quando sfondai irrimediabilmente la mia utilitaria. In realtà spero ancora di trovarlo (infilato fra due cuscini, in mezzo alle mutande o in freezer: non sono molti i posti che non ho setacciato), ma il senso di perdita che mi ha travolto mi dà la misura di cosa conta nella vita. Ho smarrito un libro e non so darmi pace perché in quel libro c'è più Paola che in molti altri oggetti che mi appartengono.  Se qualcuno ne possedesse una copia (ed. Amici della Torre ) e non sapesse cosa farne... Io lo acquisterei volentieri, ecco.

Si cerca sempre sé stessi in un libro. Milano.

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Arrivare alla mia bella età per capire l'ovvio non mi fa onore, ma tant'è. Si cerca sempre sé stessi in un libro. Recentemente ho cercato chiavi di lettura. Ho rivangato Hesse, ho compulsato Kafka, pensavo spesso a Mann, al Tonio Kröger , soprattutto. Ma il desiderio che mi trascinavo da un po' era Milano. Avevo voglia di tastare la mia Milano mitica - credo sepolta - quella umana, meneghina.  Rivangavo col pensiero Santucci, la casa di corso Monforte, ma non funzionava: troppo dolcemente malinconico, troppo manzoniano, troppo "Brianza bianca". La mia Milano mitica è di trani, alzaie e metallurgia: volevo l'equivalente narrativo di Nanni Svampa. Ecco, cominciare da Scerba! Milano me l'avrebbe regalata un ucraino: Giorgio Scerbanenco, per la nostra anagrafe. Ma non avevo voglia di rileggere il già letto, il genere noir non sopporta bene troppe ripetizioni. Volevo qualcosa di nuovo e l'ho cercato in biblioteca (cosa rara, tendo a collezionare libri-ogget...

Deutsche Denken, pasticci nostrani.

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Di nuovo questi tedeschi, ancora loro, santa pazienza, apparentemente freddi e intimamente così tormentati.  Gli autori tedeschi, cari compagni di un'età di paturnie che andavano tenute a bada, come Mann tiene a bada il suo Castorp.   Ebbene, dopo Hermann in salotto, stamani ho incontrato Franz dentro la cabina armadio. Riordinando gli abiti "da lavoro", il pensiero ha virato verso lo scetticismo e il buon Kafka ha fatto capolino, fatalmente.  Intanto, mi sono resa conto che adesso sono dipendente del MIM: sigla in sé inquietante, ma che è solo espressione dell'italico gattopardismo. Poi, ho realizzato che il ministero (per me IL ministero) deve aver recentemente modificato - di nuovo - il piano per il reclutamento dei docenti. Pare ci siano novità - di nuovo - sulla valutazione degli alunni. È certo che non si cancelleranno gli obiettivi del PNNR, ma probabilmente saranno operati dei tagli - di nuovo - sui fondi. Franz caro, ragazzo mio, avresti parecchio da imparare...

La ruota. Hermann Hesse.

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Chiedo venia e riparto. Per anni - molti anni - ho snobbato Hermann Hesse, forse perché divenuto una sorta di bandiera letteraria dei fricchettoni di quartiere (che spesso nemmeno lo avevano letto), o per essere, con il suo Siddharta , un'icona New Age, prigioniero della moda dei "buddisti da aperitivo", come scrisse Luca Negri in occasione del cinquantesimo anniversario della morte del Nobel tedesco. In questi giorni, complice una mia bislacca riflessione sulla natura umana, sono tornata da Hermann. Credo, dopo più o meno quarant'anni. E non sono tornata all'osannato creatore di Siddharta o del Lupo , romanzi-simbolo, il primo dei quali (il cosiddetto capolavoro) mi ha sempre lasciata indifferente. Ho ripescato il "mio" Hesse, il libro che, poco più che adolescente, di Hesse mi aveva innamorato: perché sì, lo ammetto, anch'io ho fatto parte del fan club. Tanto da acquistarne l'opera omnia. Il "mio" Hesse è quello del misconosciuto U...

ROBA PER PREMANESI/2

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Oggi - per gentile concessione della famiglia del Toto Sanelli e ancora più gentile sbatta della figliola, sua, ed ex alunna, mia, Anita - ho per mano il libro Coltellerie Sanelli - 150anni senza perdere il filo .  Ho questa fisima di andare a frugare le vite di persone che non ci sono più, a ravanare storie lontane.  Leggendo dunque della vicenda umana di quel grand'uomo che fu Ambrogio Sanelli, mi imbatto in altri pionieri, quasi visionari, ai quali in qualche misura siamo tutti debitori. Questa è una foto della pagina 22, si parla di fine Ottocento.  Colpisce anche voi?  Son passati più di cent'anni e riconosciamo aziende, riconosciamo prodotti, riconosciamo persone: i nomi propri, tramandati - con un rigore che oggi ci fa sorridere - come la sapienza delle mani. A me questa roba commuove un po', penso che non ci rendiamo nemmeno conto del fardello di responsabilità che comporta il nascere aggrappati su questi bricchi.  L'Ambrogio dal...

Competitività

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 Eric Pearlman  -  Tienimi l’ultimo posto, Dio Quello che non dà troppo nell’occhio, in fondo alla tavola, più vicino ai camerieri che ai festeggiati. Perché non so stare con le persone importanti. Non so vincere. Non sono capace a far festa come gli altri. Tienimi l’ultimo posto, Dio. Quello che nessuno chiede. Giù, in fondo al bus sgangherato che trasporta i pendolari della misericordia ogni giorno dal peccato al perdono. Tienimi l’ultimo posto, Dio. Quello in fondo alla fila. Aspetterò il mio turno e non protesterò se qualche prepotente mi passerà davanti. Tienimi l’ultimo posto, Dio. Per me sarà perfetto perché sarai Tu a sceglierlo. Sarò a mio agio e non dovrò vergognarmi di tutti i miei errori. Sarà il mio posto. Sarà il posto di quelli come me. Di quelli che arrivano ultimi, e quasi sempre in ritardo, ma arrivano, cascasse il mondo. Tienimi quel posto, Dio mio. Ciascuno la legga come un dono:  è ciò che ho pensato quando ci sono incappata.  Co...

Il versante ombroso

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Ci eravamo sentiti a casa nel vento secco che spazza le creste, nel fieno di giugno, nei silenzi lunghi del romanzo " Le otto montagne ". Cognetti è tornato in libreria. Ed è tornato sui suoi temi: la relazione, l'allontanamento, il doppio; il tempo e lo spazio sono ancora quelli alpini e segnano vite come un destino, al quale però ci si può sottrarre, volendo. Le parole contano. Le relazioni fra gli umani di questa storia sono  giocate ancora attorno a ciò che viene detto o taciuto ma, tutte, sono segnate dal rapporto non mistificato, concreto, quotidiano con la montagna, i suoi odori, le sue asprezze. Anche questo ci fa sentire a casa: noi, gente delle valli, sappiamo che le curve di livello contano almeno quanto le parole. La Valsesia - con le piogge torrenziali e gli animali dell'ombra, i tetti di pietra e le motoseghe, le fabbriche e i bar - compenetra la vicenda umana del padre, il suo rapporto con i figli, le storie dei due fratelli, l'amore di Elisabetta...

"Cavalli otto, uomini quaranta": la tradotta verso il fronte

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Se amate o studiate la storia, leggetelo; vi prenderà per mano e vi condurrà a cercare tanti documenti misconosciuti. Se siete fra coloro che celebrano il Quattro Novembre e canticchiano " Il Piave mormorava ", leggetelo; vi chiederà perché e vi suggerirà come.  Se mai vi siete fermati da turisti a Redipuglia, leggetelo, ne è l'antitesi necessaria a trovare l'equilibrio. Se anche la Grande Guerra non vi ha mai toccato o incuriosito, leggetelo comunque: potreste essere abbagliati da un'improvvisa scintilla di verità e scoprire magari un pezzettino della vostra anima.  Ai confini di quello che fu il vecchio impero di Franz Joseph, si  conserva un barlume di pietà e una speranza di consapevolezza del "fronte dimenticato", die vergessene Front. Rumiz sa documentare con la potenza narrativa di un aedo e la parola visionaria di un profeta. Scrittore a caccia di memoria, percorre il fronte orientale, lo setaccia, lo ascolta. Cerca i Centomila "...

Il senso del viaggio

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Rumiz è lo scrittore che mi conferma. Non mi suggerisce chi sono, rappresenta plasticamente l'anima, dà corpo alle intuizioni. "Tre uomini in bicicletta" parrebbe un resoconto cicloturistico, invece è un viaggio fisico e metafisico che definisce i confini del mito. Penetra l'Europa là dove non la pensi Europa. Il mezzo di trasporto è quello che consente di percepire davvero la strada, come luogo materiale, come metafora, come possibilità.  La fatica, le temperature, gli odori, la luce, gli oggetti e le voci umane costruiscono una storia e, infine, un pensiero.  Peccato aver lasciato questo libricino all'abbandono della libreria di casa per tanto tempo. Ma forse serviva il momento giusto, un'estate di contrasti e antitesi, oscillante fra le vampate africane che tolgono il respiro e le incursioni violente nel freddo autunnale. È un libro da leggere assolutamente. Con calma. Soffermandosi su ciascuna parola, che la parola di Rumiz è sempre pregna, den...

KUNDERA PER ADELPHI. Dentro la mia storia di lettrice.

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La notizia della scomparsa di Kundera mi ha fatto riesumare un arguto intervento su Rivista Studio. https://www.rivistastudio.com/calasso-adelphi/ Pascale, un po' graffiante e un po' sorridente, traccia un ritratto pop della casa editrice più pensosa, prendendo ad esempio il caso editoriale de L'insostenibile leggerezza dell'essere , negli anni dell'edonismo reaganiano di Roberto D'Agostino e della Milano da bere. Vale la pena di leggerlo, è un bel pezzo. Anch'io ragazzina scoprii Adelphi con Kundera e viceversa.  Non proprio al momento della pubblicazione della Leggerezza , ma solo qualche anno dopo. È possibile che sia stato anche un fenomeno pop, ma io ringrazio entrambi - autore ed editore - per ciò che Kundera ha dato a me ragazza e per ciò che Adelphi continua a darmi: proposte di valore in volumi dalla veste sobria e dalla carta di pregio.  Con Adelphi mi sono appassionata a Marai, Canetti, Roth (Joseph), Singer, al McCourt delle Ceneri (dopo mi è pia...

Heidi e la magia della grande letteratura

"La grande letteratura per ragazzi tradotta dai protagonisti della letteratura italiana..." e magari uno pensa anche "cheppalle".  Sembra incredibile, ma non è così. La letteratura è arte quando sa parlare all'anima: prendi un racconto ottocentesco (ma proprio ottocentesco, neh), prendi un'edizione senza illustrazioni , prendi una bambina vivace (no: iperattiva), prendi la difficoltà di ascoltare e pure quella capire i testi complessi.  Risultato? "Mamma, quando lo abbiamo finito, questo libro, lo ricominciamo ancora subito?". MAGIA!