ROBA PER PREMANESI/2
Oggi - per gentile concessione della famiglia del Toto Sanelli e ancora più gentile sbatta della figliola, sua, ed ex alunna, mia, Anita - ho per mano il libro Coltellerie Sanelli - 150anni senza perdere il filo.
Ho questa fisima di andare a frugare le vite di persone che non ci sono più, a ravanare storie lontane.
Leggendo dunque della vicenda umana di quel grand'uomo che fu Ambrogio Sanelli, mi imbatto in altri pionieri, quasi visionari, ai quali in qualche misura siamo tutti debitori. Questa è una foto della pagina 22, si parla di fine Ottocento.
Colpisce anche voi? Son passati più di cent'anni e riconosciamo aziende, riconosciamo prodotti, riconosciamo persone: i nomi propri, tramandati - con un rigore che oggi ci fa sorridere - come la sapienza delle mani.
A me questa roba commuove un po', penso che non ci rendiamo nemmeno conto del fardello di responsabilità che comporta il nascere aggrappati su questi bricchi.
L'Ambrogio dal pizzetto importante e dall'accento venexian è il primo di una schiera di gente che ha patito fatiche e guerre, lutti e recessioni; gente che ha macinato strade e sentieri, stretto i denti per saldare debiti, affrontato il mondo parlando quasi solo il dialetto. E ha lasciato il proprio nome ai pro, pro, pro nipoti.
Io credo che forse dobbiamo imparare qualcosa. Ad essere un po' visionari e a stringere i denti. O forse lo abbiamo già imparato, se siamo ancora qui.