𝐺𝑜𝑜𝑔𝑙𝑒 𝐹𝑜𝑔𝑙𝑖, ovvero i dolori del vecchio umanista.

Io amo i Fogli Google perché sono intuitivi e spicci. Inserisco cose e faccio cose, di solito di un livello che potrei affrontare anche a mano, tutt'al più con una calcolatrice dell'Eurospin, perché i numeri che maneggio io, da insegnante di lettere, stanno dentro le centinaia.
Con i Fogli Google, però, è tutto più sbrigativo, veloce e soprattutto ordinato.
Poi c'è quella voce "inserisci" che mi fa impazzire: mi produco, per dire, dei fantastici menù a tendina e perdo pure tempo a colorare le voci e ad armonizzarle con la media globale. Mi vengono fuori dei giudizi descrittivi in armocromia che sono da vedere.

Le funzioni credo siano più o meno quelle del parente serio Excel, ma che volete che importi a me della finanza e della trigonometria: quando faccio proprio la splendida uso i "SE", 9 funzioni su 10 non le capisco nemmeno.
Sono diventata bravina con i grafici, che utilizzo a puro scopo ludico-estetico.
Insomma, Excel è il re incontrastato dei fogli di calcolo, Google Fogli è il cugino alla mano, quello che non ti si igrugna se non sai cosa sia una tabella pivot. Per chi, come me, ha un background strettamente umanistico, quello dei numeri è spesso un universo parallelo, abitato da entità sfuggenti: affascinanti, sì, ma anche un po’ minacciose. Tommaso Mann, Arturo Schopenhauer, Giacomino nostro, le storie —tutto meraviglioso. E le funzioni logiche? E le formule? Un incubo. 

Eppure, la matematica e i dati sono ovunque e non da oggi.
Auto-formarmi almeno un minimo su questi strumenti è stato - ed è - tante cose: una sfida, un gioco, una sofferenza, un passatempo, una questione di principio. Google Fogli mi aiuta a superare l’imbarazzo, è un tipo amichevole, democratico, inclusivo; insomma si adatta pure agli impiastri par mio. Ma rimane un fondo amarognolo.

Non so come vada ora ai "piani alti" degli ordini scolastici, spero che anche la formazione più strettamente umanistica si sia evoluta: ai tempi miei, i computer erano misteriose scatole collegate a panciutissimi monitor con millemila cavi,  "statistica" era una parola più inconsueta di "escatologia".
Chissà se ce la stiamo facendo a superare la frattura fra le discipline? Perché chi non "legge" i numeri, anche se sa di latino, è analfabeta.

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