ATE
Seduta sulla riva del lago si specchia nell'acqua quasi ferma. È disperata, ma lo ignora.
Ate si è innamorata presto, subito, alla prima lode per la sua bellezza, al primo sguardo troppo compiaciuto e indulgente. Ate si è innamorata ancora infante.
Un giorno, il giorno della festa, nel bel giardino rigoglioso, anime sciocche le donarono una veste: era pretenziosa ed era stata acquistata col nome di maturità. Qualcuno volle assecondare il suo spirito incerto e le procurò belletti, spacciandoli per princìpi, altri le fecero ritratti e li chiamavano successi. Così l'amore di Ate crebbe, finché occupò ogni angolo del suo cuore: l'amore di Ate per Ate, l'unico vero amore della sua giovane vita.
Infine, un pazzo che si diceva amico le portò in dono una lunga notte come fosse libertà e chi doveva custodire la giovane le permise parole troppo veloci per essere vere.
Sono passati anni. Bella e inconsapevole Ate ha attraversato le difficoltà col mento in alto e il sorriso freddo, come fossero affronti inammissibili alla sua falsa luce. È poi davvero bella? Chissà, forse lo è, anzi lo è stata: radiosa di conferme continuamente richieste ed ottenute, splendida di un impegno instancabile a brillare.
Sono passati anni. Il giardino rigoglioso ha visto tante altre feste e Ate ha imparato a mascherare l'egoismo con le moine e l'insipienza con la sicumera. «Ma davvero ti vedi bella Ate?».
Stasera Ate è disperata e non lo sa, soffoca i dubbi nei lustrini colorati, la fame nella vitalità artificiosa.
Avvicinatevi ad Ate, anime buone. Raggiungetela in riva al lago e non ditele, non ditele mai più che è bella.
Avvicinatevi e gettate pietre nell'acqua ad intorpidire la sua immagine riflessa. Portatele ceste di profumati silenzi affettuosi, donatele parole lente e vere, bruni pani croccanti impastati di umiltà. Portate ai suoi piedi il dolore del mondo e datele occhiali per vedere le anime.
Ate sente male e lo chiama amore, è disperata e non lo sa.