ESTIA
Sciolti avrebbero perso splendore.
I lunghissimi capelli di seta, lucida chioma d'onice e oro brunito, lasciati liberi di ricadere sulle spalle prima del tramonto avrebbero perso il loro magico fulgore. Perciò venivano raccolti in un'alta e pesante acconciatura, da sempre. Da sempre Estia copriva con quella massa scura e luminosa la sua nuca e la sua anima delicate. Da sempre la promessa era che, un giorno, qualcuno si sarebbe mostrato degno e perciò capace di passare le dita in quei meravigliosi capelli senza spegnerli.
Estia aveva sofferto del suo dono, che le impediva di essere vaga e alla moda, le precludeva la sciocca vivacità e le giornate leggere, che allontanava le compagne più frivole e chiassose, che rimaneva invisibile agli occhi del mondo.
Ella non sapeva cosa significasse "mostrarsi degno" e vedeva solo il suo giardino vuoto, la sua stanza silenziosa. Non capiva quale capacità fosse necessaria per conoscere a fondo il suo mistero: non sapeva, invero, di essere un mistero anche per sé stessa.
Un giorno udí una voce, dal sentiero vicino a casa. Non era più invitante o piacevole di altre, ma chiamava lei, con determinata insistenza. Pur di essere chiamata, Estia avrebbe dato molto più della sua magia e della sua chioma.
Non solo la luce dei capelli si spense: Estia provò cosa fossero la vergogna e la menzogna e si spense essa stessa. Si spense là fuori, lungo il sentiero che portava ovunque, un po' più vicina alle compagne ciarliere, più lontana che mai da sé stessa.
Scoprì, molti anni dopo, che tante altre, come lei, avevano rinunciato alla loro magia pur di avere una voce che per una volta le chiamasse. Qualcuna, dopo, aveva comunque imboccato il sentiero, con coraggio, sola e spogliata, e lo aveva percorso. Altre si erano lasciate appassire.
Quelle che mai avevano avuto un dono da custodire erano rimaste lì, lungo il sentiero che porta ovunque, avevano creato i loro giardinetti, a volte molto ben curati, a volte insulsi, e ancora godevano delle voci tutt'attorno e non vedevano più il sentiero.
Nessuno conobbe mai il mistero di Estia. Lei tagliò i suoi lunghissimi capelli di seta e ne fece una coperta in cui avvolgersi nelle notti più buie. Una coperta-consolazione.
Un giorno qualcuno di degno che avanzava lungo il sentiero incontrò la fanciulla. Vide con sgomento la coperta, ma pensò che avrebbe potuto bastare quella per lui, credette di poter rinunciare alla magia pur di condividere il mistero della gentile creatura.
Ma era troppo tardi: Estia voleva solo silenzio, ormai detestava tutte le voci.