Terzo, Tolentino
Primo, Assisi
Secondo, Colfiorito
Altipiani di patate, lenticchie e greggi sotto un cielo plumbeo. Le lenticchie non le vediamo - saran già raccolte - e le greggi le temo perché odio i brutti cagnacci che le accompagnano. Resta il cielo pesante e fosco.
Si scollina sotto i tuoni, la valle del Chienti si stringe e si stringe; frazioni abbandonate di villaggi semiabbandonati portano l'indicazione "Località sulla via Lauretana" e sanno un po' di sfiga. Due terremoti a distanza di vent'anni sembrano aver dato il colpo di grazia alla vitalità residua di questi borghi, certo hanno inaugurato un nuovo stile architettonico: il romanico putrellato.
Infine, arriva anche il temporale, ma picchia un po' più in là.
Tolentino. Una barista squisita - sorriso genuino e cadenza appena un poco strascicata - serve focacce leggere e golose, un chiostro fiorito offre ombre dipinte. San Nicola rimane chiuso, nonostante l'ora passata da un po': devoti ladri o ladri devoti gli rubarono un tempo qualche arto; chissà, forse da allora si fa vedere malvolentieri, perciò lo lasciamo ai suoi devoti di oggi (chissà se più o meno ladri) e passiamo oltre.
L'Ufficio speciale per la ricostruzione è ovunque, mi chiedo come ci si debba sentire a restaurare casa pensando «fino alla prossima scossa, poi speriamo che tenga». Fuori dal cerchio possente delle mura, però, strade veloci e capannoni e factory store e in albergo la colazione che viene servita «dalle sei, che molti qui lavorano». Il contrasto fra l'alto Chienti e il maceratese è la distanza che separa una patata rossa di Colfiorito da una rossa Poltrona Frau di Tolentino.
«Di veramente omogeneo, nelle Marche, non c’è quasi niente. Forse soltanto il nome, che però, essendo al plurale, già allude al molteplice».
(G. Liuti)